Il cervello umano è quanto di complesso e sconosciuto si possa immaginare. Dai primi studi di anatomia ad oggi, il mistero è rimasto fitto. Oggi però la scienza è riuscita a compiere l’inimmaginabile.
Gli antichi ritenevano che le malattie fossero opera di demoni che si impadronivano delle persone e che non ci fosse un reale rimedio, se non invocare l’intervento di un essere superiore.
Di sicuro, in passato, il cervello non era considerato il centro della vita, la sede dell’afflato divino, bensì il cuore, perché era evidente a tutti il suo funzionamento. Il battere e pulsare coincideva con la vita, la sua assenza con la morte.
Il cervello era misconosciuto e negletto. Gli antichi egizi, infatti, quando effettuavano la procedura di imbalsamazione lasciavano il cuore nel petto del faraone, intestino, stomaco e polmoni venivano conservati e il cervello frantumato, tirato via dal naso con un uncino di bronzo e buttato via. Ci mancava poco lo dessero al gatto, che peraltro, era un animale sacro.
Il primo ad intuire la correlazione tra il cervello ed alcune patologie è stato Ippocrate, proprio lui, il fondatore della medicina, che ipotizzò, quattro secoli prima di Cristo, che l’epilessia o come si chiamava allora, il morbo sacro, fosse correlata ad un malfunzionamento del cervello.
Da allora gli studi di anatomia e fisiologia sono andati avanti, ma decisamente molto lentamente. Solo tra il XIX e il XX secolo si arriva ad una svolta, grazie anche alla scoperta dei raggi X.
A Losanna da qualche anno è attivo il Blue Brain Project che si sta occupando, tramite una serie di test e varie simulazioni, di ricostruire il cervello degli esseri umani e non solo. Rimettere insieme circa 100 milioni di cellule non è una passeggiata. Un primo obiettivo è stato raggiunto: sono state ricostruite le connessioni del sistema Neuro-Glia-Vascolare. Dove le gliali sono cellule che, con neuroni e vasi sanguigni, costruiscono quella meravigliosa architettura che è il nostro cervello.
Certo, al momento la ricostruzione è digitale, ma la mappatura delle varie connessioni è di fondamentale importanza per lo studio e la cura delle malattie neurodegenerative.
Grazie a questi studi è stato scoperto che il nostro cervello è in grado di agire in ben undici dimensioni, roba da pura fantascienza.
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I modelli matematici finora applicati per studiare l’apparato neurologico non erano abbastanza complessi per farlo perché non riuscivano ad andare oltre la dimensione spazio-temporale; quindi, si è dovuto andare oltre e scomodare un ramo della matematica che va ben oltre.
Non è quindi, parafrasando una battuta cult di Star Trek, lo spazio l’ultima frontiera, ma il nostro cervello, un universo ancora, in parte, inesplorato.
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